32 Il libro bianco sulle bronchiectasie In paesi come Italia, Spagna, Grecia, Turchia, Malta, Austria e Bulgaria la percentuale di isolamenti da P. aeruginosa è superiore al 50%. In Italia, i dati EMBARC rivelano la presenza di P. aeruginosa nel 50,2% dei pazienti con colture positive. Questa variabilità geografica non appare correlata a differenze nelle caratteristiche dei pazienti o nella severità di malattia, ma sembra piuttosto riflettere fattori ambientali e climatici, dato che P. aeruginosa viene acquisito principalmente dall’ambiente circostante. La presenza di P. aeruginosa nelle vie aeree dei pazienti bronchiectasici si associa a un significativo peggioramento della malattia. Come dimostrato da Finch et al. (2015), l’infezione comporta un deterioramento dei segni e sintomi clinici, un aumento delle riacutizzazioni gravi e una significativa riduzione della funzione respiratoria, traducendosi in una aumentata mortalità. I dati EMBARC confermano che i pazienti con P. aeruginosa hanno un indice di severità delle bronchiectasie (BSI) più elevato e un aumentato rischio di ospedalizzazione, con il 26,4% dei pazienti che richiede almeno un’ospedalizzazione all’anno per riacutizzazione. Uno studio recente condotto in Cina su 2.134 pazienti con bronchiectasie ha caratterizzato l’infezione da P. aeruginosa come marcatore di gravità della malattia ed in grado di predire frequenti ospedalizzazioni, pur non configurandosi come fattore indipendente sulla mortalità per tutte le cause. Tuttavia, la P. aeruginosa combinata con comorbidità a rischio moderato o elevato ha rappresentato un aumento del rischio di mortalità. Nei pazienti con concomitante malattia da micobatteri non tubercolari (MAC), la presenza di P. aeruginosa aggrava ulteriormente il quadro clinico, peggiorando la qualità di vita, gli score sintomatologici (SGRQ) e gli indici radiologici (Reiff score). Una volta stabilita l’infezione cronica, l’eradicazione di P. aeruginosa diventa estremamente difficile, anche con terapia antibiotica endovenosa intensiva. Questo fenomeno dipende non solo dall’estensione del danno polmonare e dalla compromissione funzionale del flusso aereo, ma anche dalle caratteristiche intrinseche del batterio e dalla sua capacità di formare biofilm. La presenza di P. aeruginosa rappresenta quindi un importante marker prognostico negativo nelle bronchiectasie, configurandosi come predittore indipendente dello status di “frequente riacutizzatore”, una condizione associata a peggiore prognosi e aumentata mortalità. Questo si traduce anche in un significativo impatto economico, con aumentati costi sanitari diretti e indiretti, particolarmente elevati nei pazienti con frequenti riacutizzazioni e ospedalizzazioni. Meccanismi di persistenza e virulenza di P. aeruginosa P. aeruginosa possiede un complesso sistema di regolazione che gli permette di sopravvivere sia in ambienti esterni che interni all’organismo umano. Il suo genoma “plastico”, variabile nella sua dimensione media (da 5,5 a 7 Mb), si traduce in una capacità metabolica straordinariamente flessibile e nella capacità di produrre metaboliti secondari e polimeri utilizzando diverse fonti di carbonio. Il genoma contiene almeno 5500 Open Reading Frames (ORFs) capaci di produrre centinaia di determinanti di virulenza, che gli conferiscono una straordinaria capacità di adattamento e persistenza. Questa plasticità metabolica consente a P. aeruginosa di adattarsi a un’ampia varietà di ambienti e di infettare opportunisticamente esseri umani con immunità compromessa, traumi o alterazioni strutturali come succede nelle bronchiectasie. CAPITOLO 4
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